L’INTERVISTA / Luigi Torraco condanna le correnti (vero male del Pd) e spera nella vittoria di Bonaccini per una svolta reale del partito

Luigi Torraco

 L’Assemblea Costituente del 21 gennaio ha dato ufficialmente il via alla fase congressuale del PD. I democratici sono chiamati a definire il futuro del partito, uscito malamente sconfitto alle elezioni politiche del settembre scorso. Molte le incognite e soprattutto sono ancora presenti molte divisioni che col tempo sembrano essere insanabili.

Abbiamo incontrato Luigi Torraco, uno dei dirigenti storici del PD sestese, a cui abbiamo rivolto alcune domande.

– Come arriva il Pd sestese a questo congresso.

«Più che il Pd sestese vorrei concentrare la mia attenzione sul PD nazionale. Anche perchè i riflessi delle scelte generali condizionano l’operato del partito a Sesto».

– Dalla sua risposta si evince una certa preoccupazione, può meglio chiarire?

«La mia preoccupazione è che, come è già accaduto, si vuole cambiare tutto per non cambiare niente. Secondo me il Pd non avrebbe bisogno del cambio del segretario. Letta per me è stato un segretario serio, capace e onesto, purtroppo ripagato con accuse di essere un perdente e un incapace. Ad accusarlo i capicorrente. Gente che coltiva il proprio orticello che, spesso per mantenere il posizionamento gode della sconfitta del partito se a gestirlo è uno fuori dalla propria influenza».

– Il suo è un atto di accusa pesante contro le correnti, può spiegare le ragioni?

«Le correnti di potere, queste sono all’interno del Pd, rappresentano la morte della democrazia interna, frenano l’azione e lo sviluppo del partito, ci tengono lontani dai reali problemi del Paese. Non abbiamo più radicamento sociale, siamo fuori dal circuito connettivo dei bisogni, siamo visti come un concentrato burocratico di potere».

– Deve ammettere che il Pd sin dall’inizio ha avuto questi problemi. Non si può, a nostro avviso, risolvere il problema identitario con una fusione a freddo tra ex comunisti, ex democristiani e, in misura minore, ex socialisti. Dovrà ammettere che il problema sta proprio nella nascita in quel modo del Pd.

«Si è vero, anche se in parte. Vede le correnti di pensiero se non si cristallizzano rappresentano un elemento di arricchimento politico, culturale e sociale. Il problema del Pd è che in tutti questi anni, il pensiero, la critica invece di essere arricchimento sono stati usati per il rafforzamento delle correnti. Con un aggravante che spesso per ambizioni, interessi personali ci sino state trasmigrazioni da una corrente all’altra. Questo è ancora più grave. Resta il nodo politico che sarebbe bene sciogliere anche con qualche dolorosa rottura. Vogliamo essere un partito riformista ancorato ai ceti sociali, del mondo del lavoro, delle professioni, del terzo settore, della ricerca dello sviluppo oppure essere massimalisti, che poi non è altro che essere conservatori e rincorrere le mode, il populismo e le aberranti posizioni modaiole che si ripresentano di volta in volta. Io ritengo che ci sia solo la strada di un grande partito riformista».

– I candidati alla segreteria sono quattro: Stefano Bonaccini, Elly Schlein, Paola De Micheli e Gianni Cuperlo. Secondo Lei chi la spunterà?

«Non lo so. Io vorrei che innanzitutto si eleggesse un segretario e non un ex segretario, nel senso che come avvenuto finora, il giorno dopo le elezioni subito è sottoposto al fuoco nemico. E’ chiaro che, per il partito che vorrei il mio candidato ideale è Stefano Bonaccini, che rappresenta al meglio, capacità di governo e radicamento sociale. Mi auguro che vinca e che la sua elezione segni la svolta per un nuovo partito che sia radicato nella società. Non abbiamo più tempo a disposizione».



Categorie:Attualità, Politica

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1 reply

  1. Da Bersani a Renzi, da Zingaretti a Letta la linea politica del PD è stata sempre in contrapposizione ed ha perso di vista le cose concrete, soprattutto l’ancoraggio ai ceti sociali. Che idea può farsi l’elettore se il partito una volta fa proprio il rispetto dei diritti personali e l’attenzione verso i ceti deboli per poi vanificare tutto sacrificando il rispetto del singolo lavoratore al solo interesse d’impresa , secondo la visione spregiudicata alla Marchionne ? Non si doveva piuttosto coniugare gli interessi dell’uno e dell’altro senza mortificare il più debole annullandone la dignità di persona con una mancetta che sa tanto di elemosina? Ed ora si vuole soffocare il dibattito democratico interno utile a definire la linea del partito criminalizzando le correnti ? In questo modo le primarie diventano una presa in giro. Manca totalmente l’autocritica. Serve cambiare il metodo più che il segretario.

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